UNDER 21: Alessandro Caroli, un passato dorato nella Juventus, un futuro da scrivere, partendo dalla Young Line

Facciamo due chiacchiere con Alessandro Caroli.
Fra i pochi eletti che possono vantare, nel proprio cv, la militanza nella Vecchia Signora ci sei proprio tu...
"A 13 anni sono entrato nelle giovanili della Juventus e ci sono rimasto cinque anni, avendo allenatori del calibro di Viola e Cuccureddu. Ho avuto l'onore di fare uno stage nella Nazionale under 16-17 di Zoff e Rocca e di affrontare in campo avversari come Dino Baggio e Carbone. L'esperienza nella Juve ha forgiato il mio carattere: dico sempre che non sarei quello che sono se non avessi superato quel provino. Passare da una squadra di paese alla serie A è come entrare in un'altra dimensione: non hai più l'allenatore-padre che svolge mille ruoli o gli amici con cui, anche, giochi. Nel mondo professionistico vigono rigidità, disciplina, puntualità, suddivisione e rispetto dei ruoli. Il calciatore deve pensare solo a giocare e i compagni sono prima di tutto i concorrenti al ruolo di titolare. Poi fuori si è tutti fratelli, ma in campo estremo rigore".
Il calcio a 5 ti ha chiamato a sè dopo che una serie di infortuni hanno, purtroppo, stroncato un avvenire da sicuro protagonista in serie A. E anche lì non ti sei limitato alle serie minori...
"Ho giocato fino alla serie B, poi, per questioni lavorative, ho ridimensionato l'impegno nel calcetto e mi sono trasferito qui a Imola. Per cinque, bellissimi anni, ho giocato nella Young Line, quando ancora sia Pedrini che
Donattini non avevano attaccato le scarpette al chiodo". 
La Young Line è riuscita anche nell'impresa di portarti in panchina, sbaragliando gli altri corteggiatori...
Alessandro Caroli
"Ho deciso che era l'anno giusto per provare, insieme ad amici che condividono le mie idee. Il mio ruolo, ancora da definire nel dettaglio, sarà quello di preparatore tecnico dell'under 21. Dovrò seguire individualmente i ragazzi, per colmare le lacune tecniche e migliorarli. Mi preme che capiscano che i grandi campioni di serie A lavorano duramente per fare le cose spettacolari che vediamo in campo. Un ragazzo deve crescere per step: una settimana si concentra su una cosa, la domenica la mette in pratica; la settimana dopo si ricomincia con un altro obiettivo e così via. Con l'allenamento e l'applicazione ogni giocatore può raggiungere il suo top. Ricordiamoci che il talento non è nulla senza la disciplina: è più facile far carriera con la disciplina che col solo talento".
La stagione non è ancora cominciata, ma hai già provato l'ebrezza di allenare, in sede di selezioni: com'è andata?
"Il primo giorno ero agitatissimo, manco fosse il primo giorno di scuola! Al terzo ero già in campo a dare lezioni tecniche ai ragazzi. Riuscire a dimostrare nella pratica quello che insegni è la via preferenziale per conquistare il rispetto dei tuoi giocatori. Mostrare dal vivo come si fa, fa la differenza. Nelle selezioni ho visto che tutti tirano forte, ma fuori: calciare è diverso dal calciare per fare goal. I giovani di oggi sono figli della Playstation: frettolosi, tirano per fare spettacolo, spesso mancando della tecnica di base. Ho tuttavia visto del buon potenziale: se hanno l'umiltà di imparare potranno fare tanto. Sono entusiasta all'idea di cominciare: la Juve mi ha dato tantissimo da insegnare e il massimo sarà farlo con un mister e preparatore atletico come Vanni Pedrini. Lui è un amico, oltre che un professionista con le rare doti quali preparazione, disponibilità, passione".
La Young Line ambisce ad una vera e propria accademia del calcio a 5: che ne pensi?
"Il segreto è lavorare sui giovanissimi, creando la forma mentis giusta. In Brasile come in Spagna si comincia dal calcio a 5: se impari da piccolo a giocare in spazi ristretti, dove tutto è più veloce, ti sarà molto più facile giocare nelle praterie del calcio a 11; più difficile il contrario. Le linee guida dovranno essere comuni per tutte le categorie e dovranno fondarsi sulla disciplina e sul rispetto dei ruoli: il giocatore dovrà adeguarsi alla società, mai l'opposto. L'obiettivo della Young Line sarà creare un brand societario tale da rendere le persone orgogliose di entrare a farne parte".
Dalle tue parole traspare il motto che avevate nella Juve...
"Non è importante vincere, ma è l'unica cosa che conta. E' la testa che fa la differenza: bisogna credere di poter vincere. Io mi ritengo un vincente e voglio sempre vincere. La mia squadra dovrà scendere in campo con la convinzione di vincere, anche se gli altri sono più forti. Si lotta su ogni palla e si esce avendo dato il cento per cento. Il vero vincente crede sempre di poter vincere, perché crede in se stesso e ha coscienza di aver lavorato duramente".
Dimmi la verità: ai tuoi ragazzi insegnerai anche i tuoi leggendari tunnel?
"Ma guarda, il tunnel non è altro che rompere uno schema: l'avversario si aspetta una certa reazione e tu fai altro. Il segreto è sentire il tempo e andare contro il tempo stesso. Diciamo che ai ragazzi prima di tutto...insegnerò lo schema".

Lo schema vincente, ovviamente...

Stefania Avoni
Ufficio Stampa Young Line Ca5

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